“Marco dove ti sei nascosto?” Sono appena arrivata ma non c’è proprio nessuno qui...
Aspetto qualche secondo ma non arriva nessuna risposta, così vado a cercarlo in giro per la casa con scarsi risultati: non è in nessuna stanza. Che strano, mi aveva promesso di festeggiare, che modo è se sono la sola pronta per il festeggiamento?
Per ingannare l’attesa vado a curiosare nel cassetto dei giochi, così posso tirare fuori qualcosa e indirizzarlo su quello che ho voglia di fare: dopotutto un po’ di manipolazione che sarà mai? Bhe, dai, se vorrà farmela pagare me ne farò una ragione, sopravvivrò in qualche modo, come ho sempre fatto.
Noto con piacere che nel cassetto sono comparsi dei nuovi oggetti: un plug in acciaio decisamente enorme ma con una pietra viola troppo carina, un dildo blu decisamente troppo realistico se non fosse per il colore e un frustino in pelle che promette dolori.
Ignoro i nuovi ospiti e mi concentro sul trovare quello che sono venuta a cercare: la tenuta per il pet play. È riservata alle occasioni speciali e mi sembra che questa possa esserlo, è il momento perfetto per tirarla fuori e farle prendere un po’ d’aria.
Continuo a cercare ma non la trovo da nessuna parte quando mi viene in mente che Marco l’aveva messa nell’armadio in alto. Sto per arrampicarmi e prenderla, quando sento due mani sui fianchi che mi stabilizzano.
“Che stai facendo? Non era l’ora di festeggiare e lasciare il cambio di stagione per un altro momento?” Usa quel suo tono da sfottò che mi fa tanto arrabbiare mentre mi tira giù dalla sedia e mi posa a terra.
“Volevo solo prendere una cosa, tutto qui.” Dico in imbarazzo: avrei preferito mi trovasse già con l’attrezzatura sul letto mentre facevo un altro giro in bagno, giusto per perdere tempo. Nonostante il tono odioso, non ho voglia di rispondere male e cominciare una litigata proprio ora così lascio perdere.
“Vieni, ho una sorpresa per te.”
Titubante lo seguo giù per le scale fino alla porta del garage che trovo socchiusa. Da dentro viene un soffuso barlume ma non riesco a capire cosa sia. Lui mi incoraggia ad aprire la porta e indecisa la spalanco: decine di candele sono sparse sul pavimento insieme a petali di rose secchi che profumano l’ambiente. Per terra, il duro cemento è stato coperto da un morbido tappeto, le pareti rivestite di legno e al centro una croce di sant'Andrea.
“Sai, ho pensato che dopotutto non mi serve tutto il garage per una sola macchina. Ho sistemato la cantina e spostato le scatole, così da ricavare questo spazio. Non è molto e si può facilmente smontare se dovesse servire questo spazio per un diverso utilizzo ma, per ora, credo si possa usare per sessioni di utilizzo intensivo di questa meraviglia.” Afferma dando un colpetto alla croce. “Volevo aspettare un momento speciale per farti vedere questo piccolo spazio e credo che questa sia l’ora perfetta per inaugurarla insieme.”
Emozionata annuisco, molto curiosa di provare queste nuove sensazioni.
Mi invita ad avvicinarmi con un gesto molto eloquente e faccio un passo avanti, seguito rapidamente da tutti quelli che servono per arrivare ai piedi della croce.
Lo guardo cercando di capire come vuole che mi metta ma allunga un braccio e fissa immediatamente prima un polso poi l’altro, costringendomi a poggiare la schiena sul legno.
Successivamente sento che fissa anche le caviglie e, improvvisamente non riesco più a muovermi.
Evviva!
Tutta l’eccitazione prende il sopravvento su di me, non vedo l’ora che cominci a fare qualcosa, qualunque cosa. Sono così ansiosa che succeda qualcosa che tremerei, se solo potessi.
Mi guardo intorno cercando di intuire cosa succederà ora ma le mie idee sono limitate, si aggira senza concludere nulla a mio avviso. Improvvisamente mi si passa davanti, sorride diabolicamente, mi fa una carezza sul viso e mi copra gli occhi con una benda.
Il mio respiro cambia, aumenta l’eccitazione e l’ansia per non aver alcun tipo di idea su cosa potrà succedere. Poi parla e, nel silenzio tombale che era sceso, la sua voce rimbomba ovunque e sembra diversa.
“Ora ti metto la ball gag e di dò un campanellino, se lo lasci cadere, mi fermerò, okay? Ti è chiaro?”
“Sì Signore, ho capito.”
Sento che avvicina la ball gag e apro la bocca: si adagia tranquillamente e la fissa dietro la testa. Arriva subito dopo il campanellino e lo stringo convulsamente nella mano: non sia mai che perda la presa sul più bello…
In questo momento di pausa in attesa di qualcosa riesco a rilassarmi ma sbaglio di grosso: un improvviso sibilo e un conseguente bruciore sul ventre mi colpiscono. Non riesco a capire però con cosa mi ha colpita ma non importa, un secondo colpo arriva, duro come il primo e poco sopra.
I colpi sono duri ma non eccessivamente, vista la zona delicata che viene colpita, ma si susseguono inarrestabili su tutto il ventre. Mentre il dolore aumenta, stringo sempre più la mia ancora di salvezza per accertarmi che non ci sia possibilità che mi sfugga involontariamente e attendo i prossimi colpi.
Colpi che non arrivano però.
Arriva alle mie narici un odore pungente di vernice ma non riesco a capire cosa possa essere.
Sento qualcosa di sottile e fresco scorrere sul mio ventre, come se stesse scrivendo e mi chiedo se possa essere un pennarello: non ha alcun senso ma non mi viene in mente null’altro.
Cerco di dire qualche parola, di chiedere spiegazioni ma ottengo solo dei mugugni incomprensibili, peggiori anche di quelli dovuti ai colpi.
“Se quello che ti chiedi è cosa sta succedendo, te lo spiego molto semplicemente: il tuo corpo ha bisogno di un po’ di scritte, così da essere più bello e così che tu non possa dimenticare cosa sei nel profondo. Ho chiesto apposta il pennarello indelebile più a lunga tenuta disponibile, mi hanno assicurato che è davvero impossibile da togliere, se non sfregando a lungo e profondamente. Sarà divertente vedere come cercherai di togliere le scritte sulla pelle così arrossata Amore mio.”
E da gran bastardo, appena smette di scrivere, riprende a colpire il ventre, a fondo e a lungo. Sto impazzendo ormai dal bruciore delle fitte sempre più insistenti e incalzanti ma non certo di intensità minore, quando si ferma per chiedere se voglio sapere cosa ha scritto.
Mugugno un assenso e comincia a elencare rimarcando con le unghie lettera per lettera, aumentando il dolore considerevolmente.
“Ecco, qui, sotto al seno c’è scritto Marco, qui sopra l’ombelico puttana, sotto invece schiava.”
Stavo morendo di vergogna oltre che di dolore, quando riprendere a parlare: “Non preoccuparti, so che può sembrare poco ma non ho finito, ho molta fantasia.”
Oddio, se vuole replicare lo stesso trattamento a altre parti del corpo, non resterò viva ancora a lungo…
All’improvviso sento un dolore altroce al clitoride e cerco di urlare con tutte le mie forze. Una clip, con un peso infinito, 5 chilogrammi, forse 10, lo sento arrivare a terra, mi sembra si allunghi all’infinito, sembra debba diventare lungo un metro. Poi un’altra fitta, un’altra clip, un altro peso, al grande labbro destro, poi lo replica al sinistro.
Tutto è così tanto in tensione, mi sembra che tutto stia arrivando inesorabilmente a terra dal tanto sembra il peso. Cerco di urlare più forte che posso per gestire il dolore ma mi devo arrendere: i mugolii che emetto non aiutano per nulla. Mi rassegno al silenzio stringendo così forte il campanello che temo di ferirmi.
Un sibilo riempie nuovamente l’aria e questa volta sono i seni ad essere colpiti. Un colpo dopo l’altro, cerco di incassarli limitando ancor più i pochissimi movimenti che sono libera di fare per evitare che i pesi oscillino ulteriormente, mugolando a ogni colpo ricevuto. Ormai sono così piena di dolore che quando smette per stritolare i seni tra le mani, non emetto nemmeno un fiato. Anche adesso sento parecchio dolore ma si confonde in mezzo a tutto il resto per confluire in una continua pulsazione di quel bottoncino straziato dalla clip.
Improvvisamente ricompare il pennarello e sento che riprende a scrivere.
“Mi sembrava giusto completare la scritta, qui sul seno ho scritto proprietà di, così con Marco sotto, tutti capiranno che sei mia, solo e soltanto mia.